Perchè Orecsis?

Forse vi chiederete perchè abbia voluto intitolare il mio blog Orecsis (leggi orexis)..Ho frequentato il Liceo Classico e sin dall'epoca delle scuole superiori sono appassionata delle due lingue morte, il greco e il latino. Dopo il Liceo ho continuato per un bel periodo a tradurre testi, nonostante non avessi più verifiche da sostenere e per questo le mie amiche mi prendevano in giro!Ma veniamo al dunque.. la parola Orecsis (che ho tatuato su un fianco!) deriva dal verbo greco "Orego" che ha diversi significati tra cui "tendere, protendere, cercare di raggiungere, desiderare, aspirare". Con il sostantivo orecsis, quindi, si vuole indicare la tendenza, il desiderio profondo, l'appetito nel raggiungere ciò che si vuole davvero, il proprio obiettivo. Non è da confondere con il termine latino "Desiderium" che si riferisce ad un desiderio più primitivo legato ad un bisogno materiale, ad una necessità come il cibo, ad esempio. Orecsis è passione, fatica, impegno a raggiungere quello che si vuole e che si vuole essere; orecsis spinge a desiderare sempre qualcosa di più in ottica di miglioramento, a non sentirsi mai sazi ma, anzi, a mantenere la fiammella dell'aspirazione sempre accesa.

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Viaggiare è curiosità (o viceversa!)

Sono in vacanza. Ricordo che da piccola vacanza significava relax e ozio. Io e mia sorella usavamo svegliarci tardi, fare colazione tardi, pranzare tardi, cenare tardi e uscire la sera tardi. Abbiamo trascorso tante estati in Puglia, terra d'origine della mia mamma. Delle estati bellissime, piene di affetto della famiglia materna, di giochi e scherzi con mio cugino e di temperature a 40 gradi. Mi piaceva l'estate perché stravolgevo ogni ritmo e ogni routine; l'estate pugliese era gioiosa, divertente e calorosa. Ad agosto ci raggiungevano mamma e papà e allora diventata un momento di riunione di tutta la famiglia e io stavo bene.

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Il piacevole otium

Dopo quasi 10 anni sono tornata a leggere... ma leggere quello che piace me, quei mattoni di filosofia che ai tempi dell'università dovevo leggere e studiare ai fini di un esame. Ora che mi sto rendendo conto che, fisicamente, sono meno stanca rispetto agli anni passati anche per il tipo di lavoro che svolgevo, ho riscoperto il piacere di trovare del tempo per rilassarmi e concentrarmi su un qualcosa che esula da qualsiasi esame, giudizio o impegno lavorativo. E così mi viene in mente l'otium che gli antichi latini - da Catone a Cicerone a Catullo - tanto adoravano. Quel tempo trascorso nel dolce "far nulla" nel senso di svincolato da ogni dovere di tipo pubblico o privato, ma legato, invece, alla pura coltivazione di quell'attività che ti fa star bene, che ti fa provare piacere, che ti rende più colta.

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Ciao ciao comfort zone

Ogni tanto mi chiedo da dove mi arrivino tutta questa curiosità e questo entusiasmo. Mamma è una persona molto positiva ed emana gioia da tutti i pori, la mia nonna era così, la mia bisnonna era così. Beh, probabilmente ho preso da loro e ne sono molto felice. Sono in un momento della mia vita lavorativa di cambiamento e rivoluzione e sono molto soddisfatta. Certo, è piuttosto faticoso dover riniziare da capo, imparare tutto da capo come una bambina.. ogni tanto mi accorgo di fare piccole cose banali che prima d'ora non avevo mai avuto occasione di fare, ma io faccio tutto. Mi butto senza pensarci e faccio. Tutto quello che c'è da fare si fa. Questo è il mio motto; mi piace imparare, vedere cose nuove, spingermi oltre, provare l'emozione di dire "ce l'ho fatta".. arrivo a casa stanca ma piena di soddisfazione.

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Torniamo a guardarci in faccia!

Parliamo ad uno schermo, ridiamo ad un schermo, guardiamo un concerto tramite uno schermo, ci confrontiamo tramite uno schermo, leggiamo tramite uno schermo, cerchiamo informazioni tramite uno schermo. Tutto, tramite uno schermo.

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Coraggio o benessere?

Un sacco di volte mi è capitato di sentirmi dire che sono una persona coraggiosa, anche da persone che mi conoscono bene e che sanno come sono... non so perché, ma io rimango sempre un po' stupita da questa caratteristica che mi viene riconosciuta. Chiaro, non è un'offesa nè insulto. Ma per me è normale quello che faccio, è normale vivere come vivo e agire come agisco. Forse sì, mi cimento in nuove situazioni molto volentieri, accolgo il cambiamento con facilità ed entusiasmo, penso di avere una mente molto flessibile e dinamica.. ma per me tutte queste cose sono "normali", ovvie... e allora quando mi sento dire che sono coraggiosa mi sorge subito spontanea la domanda "ma perché, gli altri non sono così? Non farebbero lo stesso?"

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L’arte della Maieutica

Da un po’ di tempo a questa parte, la mia testa mi porta a pensare ad un concetto che pensavo di aver dimenticato e di cui, ai tempi del Liceo e dell’Università, mi ero innamorata.. si tratta della Maieutica socratica. Il concetto nasce nell’età platonica, quando Platone, all’interno del testo Teeteto, parla della maieutica di Socrate. Il termine deriva dal greco maieutikè teknè, che, letteralmente, è l’arte delle levatrice. Socrate sostiene di essere “sterile di sapienza” e, nel Teeteto, afferma che “ mi rimproverano perchè interrogo gli altri ma non rispondo mai da me perché non ha alcun pensiero saggio da esporre” (Dizionario di Filosofia - Nicola Abbagnano - UTET, 2008). Come le levatrice, Socrate intendeva “tirare fuori” ai propri allievi pensieri personali anziché imporre le proprie vedute e la propria opinione.

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L’attesa

Che poi, se ci pensiamo bene, cos'è l'attesa e perchè la si vive con ansia o emozione? L'attesa è il tempo che intercorre tra un evento annunciato e il momento in cui esso stesso si avvera. Nel momento in cui sappiamo che deve succedere qualcosa, si crea dentro di noi una sensazione di desiderio che il tempo acceleri, che passi in fretta, che questo qualcosa si verifichi nell'immediato.

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E quando le cose non vanno?

E quando le cose non vanno?? Io sono dell'idea che, in qualche modo, bisogna farle andare. Può capitare che le cose non vadano come avevamo immaginato o come pensavamo che sarebbero andate. Nei momenti di cambiamento, bisogna sempre prendere in considerazione anche le conseguenze meno positive delle proprie scelte. Può succedere sì, ma credo che ogni ostacolo che bisogna superare diventi un modo per scoprire una nuova parte di sé e rafforzarsi sempre di più. Ricordo l'insegnamento della mia bis nonna che mi diceva sempre "impedimento, giovamento". Nel tempo, mi sono ispirata a questo piccolo motto per superare i momenti più difficili. Se ci pensiamo bene, infatti, alcuni dei momenti più significativi di una vita e di un percorso sono quelli più complessi, più lontani dalla routine e dalla comfort zone. Non bisogna dare per scontato che tutti i momenti più bui siano dei semplici ostacoli da superare che ci fanno inciampare su una strada che avevamo immaginato diversamente. E' proprio nei momenti complessi che abbiamo modo di reinventarci, ricrearci e rinascere. La difficoltà si pone di fronte a noi in modo molto trasparente, perchè se non trovassimo difficile una cosa vorrebbe dire che fa già parte di noi. Il bello dell'incontrare un ostacolo è proprio la sua capacità di guardarci dentro e renderci cosciente del fatto che quell'aspetto non lo abbiamo mai incontrato sul nostro percorso e ora dobbiamo imparare ad affrontarlo. Il filosofo dell'800 Fichte sostiene, infatti, che l'ostacolo sia necessario per fare sempre meglio e ambire sempre più a superare se stessi. Se non vivessimo mai delle condizioni in cui è necessario resistere e reagire, non avremmo mai la spinta al miglioramento. L'ostacolo, una volta sciolto e superato, fa parte di noi... rinasciamo in una nuova forma e dimensione, con quel qualcosa in più che, se prima non conoscevamo, ora è dentro di noi, dandoci una nuova sostanza e coscienza di quello che siamo.  

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What amazing experience!

Me lo ricordo come se fosse ieri! E' passato quasi un anno dalle nazionali di Kettlebell a Pescara. What amazing experience!! Mi sono allenata per due mesi consecutivi (il mese prima debuttavo nelle regionali).. giorni e settimane di sudore, di dolore alle mani e di sacrifici. Sapevo che il mio tallone d'Achille, per l'esercizio che portavo, lo snatch, era il braccio sinistro che ha sempre patito un po' di più il peso della kettlebell e il numero di ripetizioni. Con la mia coach, infatti, ci siamo preparate per affrontare i 10 minuti di gara in modo tale da sostenere 6 minuti con il braccio destro e gli ultimi 4 con il braccio sinistro. Quel giorno.. salgo in pedana, adrenalina a mille, tensione, emozione, mal di pancia.. parte il tempo.. all'inizio tutto bene, tengo bene il ritmo, sia a livello di fiato che a livello di tempo tra una ripetizione e l'altra. Dopo soli 4 minuti il braccio destro non regge più. A più della metà dalla fine della gara, ho dovuto eseguire il cambio braccio (nello snatch si ha solo un cambio braccio, quindi una volta che si cambia, si deve continuare con quel braccio). Vedo il panico negli occhi della mia coach che era di fronte a me. Sento il panico dentro di me, sapendo che il sinistro non avrebbe retto per 6 minuti, non mi ero mai allenata sostenendo quel tempo con quel braccio. Ma volevo portare a termine la gara.. non mi arrendevo all'idea di posare la kettle prima della fine del tempo.. continuo con le ripetizioni, una dopo l'altra, prendo un po' più di tempo, alcune non le blocco e non mi vengono contate, il giudice che mi dice "blocca, blocca" e io ogni tanto riesco e ogni tanto no. I minuti passano e la mia grande soddisfazione arriva quando poso la kettle a tempo terminato.  Aldilà dell'esito della gara, ero sorpresa di aver portato alla fine la gara con il braccio su cui non avrei mai puntato.

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"Essere e Tempo"

Essere e Tempo.. un binomio che mi ha sempre affascinata sin dai tempi del Liceo. Il concetto dell'essere è uno dei più antichi analizzati dai primi filosofi come Platone ed Aristotele. Descrivere cos'è l'essere è davvero difficile.. quanti filosofi nel corso degli anni ci hanno provato senza mai arrivare ad una risposta chiusa e definitiva. Heidegger, all'inizio del '900, ci ha provato con un grandissimo e famosissimo scritto - Essere e Tempo del 1927. Una delle questioni che più mi ha colpito da quando ho iniziato a studiare questo testo è la questione relativa alla e del titolo.. si tratta di una semplice congiunzione oppure del verbo essere? E' un errore di traduzione oppure Heidegger intendeva lasciare una libera interpretazione? Per Heidegger l'essere è il tempo oppure è un binomio di due fattori che vanno di pari passo senza però essere l'uno l'altra cosa? 

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L'importanza di essere trasparenti

A volte può essere molto scomodo dire come stanno le cose. E' facile dare feedback positivi e dire cose belle.. forse un po' più difficile dare feedback negativi. Eppure, con il tempo, ho imparato a gestire anche i momenti in cui ti trovi di fronte alla persona e devi dire che così non va. Può essere un momento difficile e antipatico ma credo fortemente che questi momenti valgano più che i momenti più semplici, o meglio, che per arrivare ai momenti semplici sia necessario passare dai momenti più critici. Essere trasparenti premia sempre. Sia in termini umani che in termini commerciali. Se qualche processo non funziona, bisogna dirlo, se un team non è pronto a raggiungere certi risultati, bisogna dirlo, se una persona ha un aspetto su cui lavorare è importante dirlo. Parlare con le persone e dire la verità è la migliore arma che si possa usare per raggiungere un obiettivo. Far finta che tutta vada bene è molto pericoloso...può portare a conseguenze gravi e irrecuperabili. Nel corso degli anni, ho avuto il piacere e la fortuna di toccare con mano dei cambiamenti tangibili, conseguenti ad uno scambio anche solo di 10 minuti al giorno o settimana, dipende dai casi. Ho avuto la fortuna, e ho tuttora la fortuna, di poter accompagnare persone e processi verso il miglioramento. Forse è questa la cosa che più mi piace del mio lavoro.. individuare l'ostacolo, manifestarlo in totale trasparenza, lavorarci per superarlo. E' un percorso lungo e che richiede tempo, ma, una volta raggiunto il risultato, è davvero soddisfacente. Tante volte, gli ostacoli più grandi sono la paura di cambiare, di provare a fare in modo diverso, l'abitudine a fare le cose in quel modo, il timore di sbagliare. Ma se ci focalizziamo su questo nulla potrà mai progredire ed evolvere. Il segreto è focalizzarsi su quello che può essere migliorato, su quello che si può fare diversamente da come si è sempre fatto perchè può portare a risultati migliori. E' difficile? Ci vuole tempo? E' rischioso? E' un percorso? Tutte queste domande hanno una risposta affermativa. L'essere trasparenti avvia ad un percorso, ad un'analisi ad un cammino che ha bisogno di qualcuno che guidi e spieghi passo per passo la direzione, il tempo, il senso e l'obiettivo in modo semplice e chiaro.

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"Bea, con cosa ti alleni??!"

Quante volte mi sento chiedere "Bea, con cosa ti alleni??!"... questa è una delle domande che mi diverte di più... quando parlo di me, mi viene spontaneo raccontare che mi alleno costantemente con la mia coach con le kettlebell. A questa parola, la domanda e la curiosità dell'interlocutore sorgono spontanee! Non tutt* sanno cosa siano le kettlebell e quindi mi trovo a spiegare che sono " quelle palle con la maniglia" da sollevare. La maggior parte delle persone conoscono l'attrezzo ma non sa che si chiami così, ma, specialmente, non sa che è uno sport con cui ci si può allenare.. e che allenamenti... in un solo metro quadrato comodamente da casa mia, termino gli allenamenti come se avessi corso 20 km! Già, è proprio questo il fascino di questo sport che ho scoperto nel 2020 nel periodo del covid. Nuotatrice e sportiva dalla nascita, in quel momento storico, soffrivo il fatto di non potermi buttare in una vasca e fare due bracciate, nuotare a delfino, sgambettare un po'.. e così ho comprato (online, chiaro!) una kettlebell da 4 kg (già, avevo paura per la schiena, non sapendo maneggiare bene questa palla!). Inizio a seguire degli allenamenti su YouTube e scopro che mi piacciono.. finito il primo lockdown, capisco che questa palla mi stava davvero appassionando e quindi mi metto alla ricerca di coach che potessero allenarmi e insegnarmi meglio l'utilizzo. Ne trovo uno che poi cambio poco dopo, fino a contattare, nel 2021, la mia attuale coach che mi ha aperto un mondo. Lei, campionessa mondiale di snatch per svariate volte, mi fa scoprire che dietro questo attrezzo ci sono delle gare, delle competizioni e un sacco di team sparsi per il mondo. Mi ha fatto apprezzare la semplicità e, nello stesso tempo, la durezza di questo attrezzo. Sì, perchè sei tu, fermo immobile con i piedi ben piantati a terra, e questa palla che pesa.. e quanto pesa (la 4 kg l'ho abbandonata subito dopo il lockdown!). Con il tempo, ho imparato a dominarla, a gestirla, a far sì che non mi faccia male e che sia io a guidare lei e non viceversa. Da questo sport e da tutti gli allenamenti ho imparato anche tanto di me.. ad essere testarda, a non mollare, a provare e riprovare fino a che non si affina la tecnica.. ad avere pazienza.. a provare dolore, a vedere le mani spaccate.. ma con il sostegno della mia coach, ho imparato a gestire anche i momenti in cui le braccia non reggono più e il muscolo dell'avambraccio ti sta per abbandonare. 

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Scegliere vuol dire andare in crisi?

Da un po' di giorni a questa parte mi frullano nella testa le parole decisione e scelta.. sarà che in questo periodo mi sono ritrovata a prendere parecchie decisioni e quindi sono più sensibile al tema ...ma la cosa che più mi ha divertito è ciò che queste parole mi hanno fatto tornare alla mente. Quando bisogna prendere una decisione, spesso ci "si sente in crisi" (chiaro, dipende dall'entità dell'argomento su cui va presa la decisione!), ma credo che le sensazioni di affanno, instabilità, perdita di equilibrio al quale si è abituati sia comune a tutt*. Se andiamo più a fondo, studiando l'etimologia della parola crisi, possiamo  scoprirne il motivo. La parola crisi, infatti, deriva dal greco krino che significa, tra le altre cose, separare, distinguere, scegliere. Se ci pensiamo bene, ogni volta che ci troviamo di fronte a una scelta da fare, siamo di fronte ad una distinzione tra ciò che è stato fino a quel momento e ciò che sarà da quel momento in poi se decidiamo di intraprendere la nuova strada. E' naturale, quindi, che si provi una sensazione di disagio, instabilità e insicurezza, proprio perchè siamo davanti a qualcosa di sconosciuto ma che nello stesso tempo ci affascina e attira la nostra attenzione. "Il termine crisi ha origine medica e nella scuola di Ippocrate indicava la fase successiva di una malattia. Nella filosofia moderna e contemporanea il termine viene a indicare il momento in cui le nozioni di una disciplina o di una teoria sono sottoposte a un giudizio che ne rimette in questione i fondamenti " (Filosofia, Garzanti, 2008).  Anche in età antica, quindi, il termine crisi si riferiva a qualcosa che non sarebbe più rimasto uguale a prima ma che avrebbe visto un'evoluzione, una progressione ed una modifica. 

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Come motivi il tuo team?

Motivare un team credo sia una delle attività più complesse e difficili ma, nello stesso tempo, importanti all'interno di una squadra. Se non c'è motivazione, il raggiungimento degli obiettivi diventa quasi impossibile o davvero complicato. Ci sono infinite maniere per motivare le persone e un team, ma a mio parere, la cosa più importante è trovare il proprio modo di fare e il proprio metodo per arrivare alle persone. C'è chi usa le maniere "forti", chi usa la famosa tattica del "bastone e della carota", chi usa più il divertimento..insomma, potremmo continuare a parlare per ore dei vari metodi. 

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Come entri in contatto con il tuo team?

Entri in un nuovo ambiente di lavoro.. ufficio, negozio, luoghi, persone, angoli, posticini.. tutto è diverso da quello a cui sei abituat* fino al giorno prima. Non hai una routine, non hai ancora una dinamica in testa, non sai bene cosa fare.. ma tu ti vuoi sentire comunque utile, di supporto, d'aiuto.. vuoi imparare, sei curios*, ma non sai da dove iniziare e dove mettere le mani. Cosa fai? La prima risposta che mi viene in mente è che inizi a fare domande, a chiedere, a capire, ad entrare nel dettaglio perchè vuoi entrare a fare parte del gruppo, vuoi sentirti coinvolt*. La seconda risposta è che ti mostri per quello che sei, nel bene e nel male, ti poni per quell* che sei, per l'esperienza che hai già vissuto, per il percorso che hai già affrontato, con il tuo ruolo e la tua responsabilità.. da qui parte il tuo viaggio. Da te.. da quello che porterai al nuovo ambiente a da quello che andrai anche ad imparare e cambiare per il nuovo ambiente. Uno scambio che contribuirà ancora una volta alla crescita della tua persona.. 

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Inserimento

Tutti noi abbiamo vissuto un primo momento, un primo istante in un nuovo ambiente lavorativo. All'inizio ci si può sentire a disagio o insicuri, non si conoscono le dinamiche, le routine, le procedure. Può essere una sensazione fastidiosa da una parte, ma, da un altro punto di vista, può essere anche un momento in cui ci si reinventa e si scoprono nuove cose sia a livello professionale che personale. Il momento dell'inserimento in una nuova azienda è un momento delicato e la riuscita o meno di questo momento può dipendere anche da come si viene accolti, formati e accompagnati nel nuovo contesto. Capita mai di immedesimarsi nella nuova risorsa? Ricordiamo il nostro primo giorno e come ci sentivamo? Ecco.. a mio modo di vedere non sono cose da dimenticare.. sono sensazioni che bisogna tenere a mente in modo da accogliere nel migliore dei modi le nuove risorse. Il momento dell'inserimento è un momento di conoscenza e "pubblicità" da entrambe le parti, sia da parte del nuovo assunto che da parte dell'azienda. E' il momento in cui la persona si fa conoscere, ma in cui anche l'azienda ha modo di mostrarsi, farsi scoprire e rendersi attraente per il proprio personale.  E voi, come accogliete il nuovo personale? Come fate trascorrere i primi giorni nella vostra azienda? 

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Recruiting

Può essere comune il pensiero che cercare personale sia una semplice attività. In fondo, cosa ci vuole? Si libera un posto, si apre la posizione sia all'interno dell'azienda che al di fuori, si pubblica il link tramite cui candidarsi e con un click si iniziano a ricevere cv. Sì, il processo può essere piuttosto banale.. ma dietro la ricerca di una persona, quante valutazioni è necessario fare? Quante variabili da prendere in considerazione? Quante cose da incastrare, persona, carattere, ambiente, ruolo, esperienza, possibilità di crescita? La cosa più bella dietro questa attività è la conoscenza della persona. Quando si è di fronte ad una persona, ci si trova di fronte ad un mondo tutto da scoprire. Fare domande, chiedere spiegazioni, essere curiosi, andare a fondo, nel rispetto della privacy.. quanto è bello scambiare idee e pensieri anche se in un momento, diciamo, di valutazione? Vi è mai successo di fare una domanda in più, magari anche un po' scomoda, e dopo aver ricevuto la risposta capire che quella è la persona idonea (o no!) rispetto al ruolo di cui necessitate? Il segreto è andare oltre al cv, oltre al pezzo di carta, parlare e parlarsi ed ascoltare. Conoscendosi, ci si dà la possibilità di creare una pipeline, un piccolo orticello da coltivare e curare per non perdersi delle opportunità.

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